Oggi con molta calma eh!
Non rifacciamo casino come l’ultima volta. Con calma, fumiamoci una sigaretta, un bel respiro ed evitiamo lo sbrocco selvaggio senza fiato e senza regole.
Parliamo di viralità perché ho come la sensazione che ci si sia confusi nello sbagliarcisi.
Da qualche giorno mi rimbalza nella testa questa cacat…. sciocchezza del:
” È virale! Ne parlano tutti! È un successo! Purché se ne parli va bene tutto anche se ci insultano va bene, abbiamo vinto!”
Hai vinto solo se avevi previsto e progettato il perculamento e la critica totale con un blast finale che non finisce mai.
E qui cominciamo con gli errori colossali, sia concettuali che pratici.
Con questo H2 ci conquistiamo una bella label post-pandemica ma non fa niente andiamo avanti lo stesso.
La risposta è Sì.
Fa male? Dipende, non sempre.
Ecco che cos’è la viralità quella vera, andatevi a vedere il video di Giannis Antetokounmpo che sta facendo il giro del mondo
Poi tornate qui che continuiamo il nostro ragionamento.
Cosa notate?
Anzi, seconda domanda: Ma notate qualcosa oppure No?
In questi giorni ho visto usare il termine VIRALITÀ in modo estremamente improprio e approssimativo.
La viralità
è un fenomeno che va meritato e non accade così spesso come si pensa.
Chi fa Social Media Management sogna la viralità del proprio messaggio.
Desidera la diffusione del proprio contenuto (entro un perimetro specifico) e sempre più di frequente viene ricercata a tutti i costi ricorrendo ad azionare le leve più bieche, vili e subdole possibili.
Quando il Social Media Manager compie questa scelta, non si rende conto che sta optando per la *tossicità* e non per la viralità.
La viralità
non è un ingombrante BACCANO GENERICO che prescinde dal valore del contenuto e del messaggio intrinseco che si esprime.
La viralità
non è:
“Va tutto bene purché se ne parli”
Queste sono esemplificazioni estremamente fuorvianti e riduttive.
La viralità
non è semplicemente la diffusione, per cerchi concentrici, di un messaggio a qualsiasi costo e in qualsiasi modo.
Quando la viralità viene costruita a tavolino, con grande dispendio di mezzi e di risorse, somiglia a una
TOSSICITÀ che inquina la rete e che rasenta la manipolazione percettiva del messaggio originale e originario.
Se questa tossicità
esplode, il fenomeno diventa pericoloso.
Diventa una forma persuasiva e distorsiva della realtà in quanto, se non venisse orchestrata secondo uno schema preciso, quel determinato messaggio non prenderebbe mai il volo.
Dunque è un fenomeno che si basa su un artefatto che agisce come una miccia incastrata in una cassa di dinamite.
Fai il botto ma non lo controlli e distruggi, non costruisci.
Ecco che,
nel caso strategico di una viralità organizzata e preconfezionata, necessita immediatamente valutare e prevedere il DANNO POTENZIALE che essa stessa può andare a generare.
Se lo si facesse in modo strutturato e approfondito si potrebbe scoprire che il danno supera di gran lunga il beneficio e quella presunta viralità,
in realtà è una seria *minaccia* che va a provocare un danno collaterale molto vasto sotto diversi aspetti gravi (sociale, economico, culturale e molto altro che se volete possiamo discutere dove e come desiderate) anche quando non viene a pesare sulle tasche o sulla coscienza di coloro che lanciano il messaggio stesso e dunque non percepiscono la gravità di quello che fanno.
Quando invece la viralità
…allora è meritata e diventa inarrestabile.
La viralità deve potenziare il contenuto *madre*, quello unico, quello nativo e che è stato prodotto ad hoc ed è costantemente misurabile.
Punto.
Per cui,
a tutti i Social Media Manager e a coloro che vogliono che il proprio nome venga associato a qualcosa di speciale e di potenzialmente virale:
Lavorate sul valore
di quello che esprimete e fate in modo che sia universale, non scegliete mai la strada più semplice
e ricordate un po’ di cose:
➡️ Non tutti siete Giannis Antetokounmpo e giocate in NBA e non dovete pensare di esserlo o di diventarlo a tutti i costi
➡️ La viralità, in genere,
non vi appartiene perché non avete curriculum ed esposizione mediatica sufficiente e non è necessariamente COLPA vostra o del contesto se mai, è *MERITO* vostro e del contesto
➡️ Calcolate che se un contenuto vi diventa virale oggi, facilmente un altro contenuto non lo diventerà domani (tenete sempre conto che lavorate su delle macchine e buona parte della responsabilità è della macchina stessa che non è mai neutra)
Se ha funzionato oggi,
domani sarà diverso
➡️ Valutate la viralità in funzione della giusta vastità della diffusione e del contesto in cui operate:
se introducete un contenuto in un piccolo contesto di 1000 persone e 500 stanno parlando e apprezzando il vostro contenuto *madre*, allora sarà estremamente *virale* SOLO in quel contesto e NON in senso assoluto.
Non scambiate la vostra bolla per il mondo o per la realtà oggettiva perché non lo è.
È solo la VOSTRA piccola realtà e va bene così, basta saperlo
➡️ Misurate tutto
CONCLUSIONE:
La viralità più sana e bella è quella per la quale un messaggio insito in un contenuto viene spontaneamente adottato e fatto proprio dal maggior numero di persone possibile per il VALORE che esprime e rappresenta.
Se manipolate non è sano.
Se distorcete non è sano.
Se mentite non è sano.
Se volete persuadere a tutti i costi non è sano.
Se create artefatti per smuovere il lato morboso del genere umano non è sano.
Il video che avete visto, anche se può essere organizzato a tavolino e in questo caso con buona probabilità non lo è, diventa virale perché:
Ha riscontro universale e lo trasferisce immediatamente con semplicità ma non sarebbe sufficiente se non vi fossero altre peculiarità a supportarlo.
Dobbiamo porre attenzione anche ad altri fattori che contraddistinguono la stazione emittente del messaggio.
🔹 Ascoltate le semplici e chiare parole del giocatore e come sono poste
🔹 Guardate le espressioni
🔹 Notate la forma assertiva dell’esposizione e la naturalezza
🔹 Notate la postura
🔹 Notate la genuinità
🔹 Notate la conclusione
Torno a dire che ESSERE e PENSARE DI ESSERE sono due cose radicalmente diverse.
In caso di viralità, niente succede effettivamente e totalmente per caso.
Senior Social Media Strategist ha avuto almeno 4 vite diverse: partito musicista, ha studiato Scienze Agrarie e Economia, è stato produttore discografico, produttore di eventi, gestore di locali, consulente audio e fonico in teatro, si è chiuso in casa per due anni per approfondire le tematiche del business planning e del marketing planning, sui programmi della Palo Alto Software.
Poi Property Manager a Londra con una propria azienda.
Social Media Manager per almeno 80.000 ore oggi è passato dall’altro lato della barricata e si definisce: Humane Technologist.
Chiedete a lui cosa significa e lo trovate sempre di più su
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