Perchè avere un profilo social è come ritornare bambini?
Perchè le dinamiche di apprendimento sono lo stesse, all’inizio c’è la scoperta di un nuovo ecosistema fatto di input nuovi e stimolanti, poi c’è la (non) consapevolezza di dover acquisire un linguaggio nuovo, ed infine c’è la (non) consapevolezza di essere in mezzo agli altri, di avere una propria identità capace di “dire”.
Queste dinamiche naturalmente non sono legate a bambini che percorrono strade protette o quantomeno seguite da adulti coscienti dei pericoli (la maggior parte) nascosti lungo i primi passi, non c’è una letteratura o una memoria (i nonni) in grado di sopperire alle mancanze della guida. C’è una prima volta, di un adulto, che scopre un palcoscenico finto ma pieno di giga pronti a ricevere megabytes di ego, i famosi Gegos.
In primis c’è l’Imprinting, ovvero la capacità della rete di darci un set prestabilito di regole da seguire che bloccano la capacità creativa e plastica della persona, relegandola in uno stream di patterns tutti uguali capaci solo di aumentare lo stress comunicativo dell’individuo, portandolo a cercare modalità “semplici” per raggiungere momenti di appagamento digitale.
Poi c’è la scoperta dell’esserci (non dell’essere) nell’oceano digitale, un esserci figlio della voglia di apparire quello che non riusciamo ad essere nel mondo analogico. Un paliativo semplicista in cui sfogare le frustrazioni emotive che non vogliamo affrontare nella vita reale. L’avatar, il noi (ovvero l’IO) super noi che prende il sopravvento eclissando bisogni e dinamiche umane. L’importante è esserci, costi quel che costi, l’importante è dire per apparire, prima che il vuoto si dimentichi di noi.
L’essere sul digitale è frontiera umana lontana e difficile, terreno florido per i pochi che i conti li hanno fatti insieme a Madre Natura in quello che è un mondo analogico sempre più sotto pressione. Essere sulle piattaforme sarà il punto di partenza per una vera vita digitale, per una innovazione umana in grado di superare una volta ancora la mortalità della natura, la fine ovvia del tempo sulla terra forse dell’universo.
Questo percorso nasce e si evolve da una consapevolezza semplice, la discriminazione linguistica, ovvero la mancanza di un “codice” linguistico prima emotivo (analogico) e poi tecnico (digiale) in grado di preparare e poi formare la vita del singolo al passaggio tra i due mondi.
Espressione, questo il punto, dare libertà di espressione per evitare sacche di frustrazione. Quando un neonato non riesce a farsi capire per la mancanza di un codice linguistico, utilizza il corpo, e quando anche quello non funziona, ricorre alla frustrazione e al pianto, che con l’avanzare degli anni diventa cattiveria, violenza, bullismo.
Saper esprimere se stessi nel linguaggio e nelle emozioni è parametro fondamentale per una vita equilibrata, così come lo è la capacità di analisi ed espressione sul mezzo digitale.
Innóvazione, è quella parola tanto spesa e poco “pesata” che riempie la bocca di politici, imprenditori e guru in the making. Parola meravigliosa che richiede la messa in opera di dinamiche e paradigmi nuovi o quantomeno rielaborati, svecchiati. Parola che richiede momenti sociali, agorà di pensiero e comunicazione di valori.
Ancora una volta se pensiamo al futuro, dobbiamo partire dalla parola, dalla libertà di espressione come diritto dell’umanità. Ancora una volta se qualcuno dice: “Il futuro sarà diverso”, sarebbe giusto dire: “Iniziamo con il cambiare il presente”, senza rimandare ad altri l’onere o l’onore di sconfiggere il tempo.
Come si inizia? Si prende un libro e ci si perde tra le pagine, si ascolta musica e ci si perde tra le note, si guardano le stelle e ci si perde tra le meraviglie, poi si chiama un amico o amica, e se ne parla, poi si prende una matita, una macchina fotografica, un telefonino, e si disegna, scrive, scatta quell’emozione, perchè l’innovazione è figlia della creatività, e se pur non siamo tutti Artisti, siamo sicuramente tutti creativi e creatività vuol dire benessere.
Come si continua? Si parla, si parla, si parla dopo che si è ascoltato, ascoltato ascoltato, ascoltato se stessi per un po’.
Buon ascolto.
Max Spera
Max Spera, artista prestato alla comunicazione, autore di favole impegnato nella meravigliosa battaglia dell’eliminare la mafia sociale attraverso la bellezza dei sogni e la consapevolezza delle proprie emozioni. [SCHEDA COMPLETA AUTORE]
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