Come nelle famose scene di “Amici miei”, in cui il Conte Mascetti prende in giro gente a caso con giri di parole incomprensibili, così anche sui social, in periodi ciclici ma molto ravvicinati tra loro, vengono fuori dei post con la solita sconclusionata menata sul “Io nego il mio consenso a Facebook… bla bla bla”.
Ah, che anarchici che siete! Vi guardo con ammirazione mista ad invidia!
Pensi che Facebook, nel mare di post pubblicati ogni giorno da quasi 3 miliardi di utenti, possa dare validità legale (o quantomeno ascolto) ad un post copia/incollato (male), sperando che smetta di tracciare i tuoi dati personali o di “utilizzare” le tue foto?
E’ una questione un po’ paradossale: è come entrare al supermercato e lamentarsi che per fare spesa ti chiedano del denaro. Non solo le commesse ti guarderanno con imbarazzo trattenendo le risate, ma non faresti neanche bella figura, visto che hai scelto di tua spontanea volontà di entrarci e di utilizzare la struttura per quello che è stata progettata e costruita, pur conoscendo le conseguenze. I servizi online gratuiti, tra cui anche i social, funzionano esattamente così: entri fornendo il tuo consenso e paghi l’utilizzo con i tuoi dati personali. Più tempo passi sulla piattaforma e più dati fornisci, in maniera analoga a come riempi il carrello al supermercato, che ti costringe a sborsare di più.
Dopo questa breve, inadeguata, ma scenografia introduzione, veniamo a noi.
Partiamo da qualche settimana fa, quando WhatsApp ha annunciato che l’8 febbraio (data poi prorogata a maggio) avrebbe aggiornato la sua Privacy Policy. Questo annuncio ha scaturito in tutto il mondo un panico di massa, in quanto la policy prevedeva lo scambio di informazioni tra l’app di messaggistica e i due social (FB e IG) di proprietà della stessa azienda. Nei giorni successivi sono tutti scappati in massa su Signal o Telegram, anche se in Europa, di fatto, grazie alla protezione fornita dal GDPR non sarebbe comunque cambiato nulla.
Sono quindi tornati in auge i soliti messaggi, scopiazzati un po’ ovunque, che tentano di difendere i propri profili online senza riferimenti reali a leggi, normative, informative o, che ne so, anche passi della Bibbia per dire. Niente, aria fritta.
La solita “monnezza digitale”: testi inutili buttati lì senza scopo, tanto perchè “eh, io intanto lo faccio, non si sa mai”, tipico atteggiamento di chi non c’ha voglia di documentarsi e fa le cose “a mò di pecora nel gregge”.
Avete lasciato la vostra vita in mano ai social: foto dei figli, delle vacanze (con geolocalizzazione), dell’albero di natale, della macchina nuova (con tanto di targa in vista).
Avete esposto nei minimi particolari le relazioni e i litigi tra amici e parenti, che neanche le peggio risse al pranzo di Natale… e poi venite a dirmi che “negate il consenso” sull’utilizzo dei dati personali? Quei dati che ogni giorno, voi stessi, gli fornite a tonnellate, tra l’altro…
Ma poi spiegatemi una cosa, che ancora non la capisco: a che serve pubblicare le foto dei minori, a mezzo busto, e poi coprirne la faccia con enormi emoticon? Non ha senso! Se volete annunciare il vostro amore per figli e nipoti, potete farlo anche senza caricare una foto “censurata”, tanto ci fidiamo sulla parola…
Quello della protezione della privacy è un diritto sacrosanto, per carità, ma sarebbe sensato lamentarsi nel caso la piattaforma utilizzasse contro il nostro consenso i dati personali per fini di marketing, pubblicità o altri scopi (anche poco piacevoli), ma spiattellare le foto in costume in spiaggia o condividere la foto dei biscotti appena sfornati, non ti giustifica a rivendicare la discesa dal cielo del Paladino della Privacy.
Poi se aggiungiamo il modo in cui ci provate, con un post che a malapena leggerà la vostra ristretta cerchia di amici, fa ancora più ridere.
Ogni volta che ti registri ad una piattaforma online (che sia un e-commerce, un social o un servizio di streaming), come primo passo sei obbligato ad accettare due documenti: “T&C” (Termini e Condizioni di utilizzo) e “Privacy Policy” (informativa sulla raccolta, il trattamento e l’utilizzo dei dati personali).
Se non ci credi, provaci di persona!
Quindi di base sei consapevole, all’atto di registrazione, che tutto quello che fornisci all’interno della piattaforma sarà stoccato ed utilizzato in un determinato modo, disciplinato dalle leggi degli Stati (nel nostro caso dall’Unione Europea in primis) e dal fornitore del servizio.
Nulla di difficile, è già tutto scritto, basta perdere una ventina di minuti per leggere le clausole e sentirsi liberi di non aderire, restando “fuori dal giro”.
Ovviamente chiunque è libero di fare delle scelte e di utilizzare le piattaforme social nel modo in cui ritiene necessario, ma questo articolo è un piccolo sfogo che vuole informare e far riflettere su un aspetto che in molti ignorano, vuoi per pigrizia, vuoi per mancanza di fonti necessarie.
Dopo tutta questa paternale, sei ancora convinto di “voler negare il consenso” con un semplice post?
Se la risposta è si, ti do un ulteriore consiglio: puoi negare in un solo colpo il consenso a tutte le piattaforme che utilizzano i tuoi dati personali (comprese le app del tuo smarthone che gestiscono foto, video, rubrica, messaggi e chiamate).
Metodo semplice ed infallibile: premi il tasto “spegni” del tuo dispositivo, attendi qualche secondo, lancialo da un dirupo o nel camino (anzi no, portalo in discarica tra i rifiuti speciali o regalalo a chi non se lo può permettere) e finalmente parte della tua privacy digitale sarà al sicuro per sempre!
Figura poliedrica e dalle mille risorse, definito da alcuni un “one man show”, ha spaziato dalla grafica digitale alla carta stampata, dalla fotografia al videomaking, dall’illustrazione vettoriale al 3D, ma senza mai lasciare in secondo piano il più grande amore: il web. [SCHEDA COMPLETA AUTORE]
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