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Storia illustrata della scena demo Amiga

(Proto) Storia della scena demo Amiga

13 Aprile 2021 - Cultura e vita digitale
Storia illustrata della scena demo Amiga
[Reading Time: 13 minutes]

Questo è l’articolo più improbabile che mi sarei aspettato di pubblicare su Digital Swat, anche perchè, per buona parte, è stato scritto 24 anni fa.

C’è una probabilità su 59458,62 che tu conosca già gli argomenti di cui parla.

Una su 775,167 che tu abbia idea di cosa sia la Scena Demo Amiga.

Una su 42 che tu possa sopravvivere alla lettura di tutto quanto e rimanerne affascinata.

In pratica un capolavoro di sterminio di lettori.

Non mi dire che non avevo avvertito.

Tutto questo nasce da una risoluta attività di pulizia e smaltimento di oggetti e ricordi presso la casa di mia madre.

Mi sono ritrovato a dover svuotare la “cameretta” dove ho passato buona parte dei miei primi 25 anni e a fare i conti con le memorie del mio passato.

Qui è iniziata una sommaria, spietata e rivelatrice resa dei conti con la mia adolescenza e prima gioventù in una cernita brutale e insindacabile su cosa buttare, cosa dare al mercatino locale, cosa inscatolare e seppellire in qualche angolo di mondo e cosa portarmi via, perchè “troppo significativo” per lasciarlo andare.

L’ammasso di floppy disk nella foto, graziosamente sparpagliati per dare l’idea di quantità e varietà, con una punta di egocentrismo in mezzo, era inizialmente destinato alla discarica, poi già conscio dei rimorsi futuri, allo scatolone e alla fine me lo sono portato a casa, non sapendo bene cosa farci.

Contengono demo, intro, diskmag della scena demo Amiga.

Manufatti digitali del secolo scorso contenuti in robusti floppy disk da 3 pollici e mezzo, scrigni di dati (880 KB o, addirittura, 1760 KB per quelli ad altà intensità) che, in alcuni casi, hanno fatto letteralmente il giro d’Europa.

Dimostrazione palese di quanto viviamo un’epoca di inesorabile smaterializzazione.

Le vedi le scritte in quelli nella foto?

Appartengono a chi quel floppy l’ha avuto, sovrascritto, taggato, inviato via posta (non elettronica) ad un suo contatto, che a sua volta ha riscritto, ritaggato e inviato ad altri.

In una vorticosa corrispondenza di floppy, fra “swapper” più o meno accaniti che spacciavano floppy disk contenenti, non warez tipo giochi o programmi copiati, ma demo e produzioni, 100% legal, della Scena.

Ai miei tempi d’oro c’erano giornate in cui ricevevo due, tre, quattro pacchetti di floppy da tutta Europa, il passaggio del postino era un rito a cui assistevo dalla finestra, se si fermava era quasi certamente per qualche busta con letterina più o meno prolissa e alcuni floppy, ogni volta che tirava dritto era una piccola delusione.

Tornato a casa, con il malloppo di dischi (a proposito, se ti interessano contattami, se sei un collezionista te li cedo volentieri: meglio nelle mani di chi li può apprezzare che dimenticati in uno scatolone che poi, si sa, spesso diventa anticamera della discarica) mi sono messo a riguardare altre carte, fogli e scritti che sono sopravissuti alla severa selezione.

E fra questi, con sorpresa, questo foglio azzurrino stampato fitto fitto, che ho sapientemente fotografato fra le inconfondibili, per chi c’era, scatole di dischi.

(Proto) Storia della scena demo Amiga

Storia della scena demo Amiga

E’ un articolo, di cui mi ero dimenticato, lo avevo scritto per Amiga Magazine una rivista cartacea sul Commodore Amiga. Agli appassionati di quella nicchia, fedele ma ristretta, di possessori del computer più amato al mondo, andavo a raccontare della Scena Demo, una nicchia nella nicchia, della sua storia e di come si stava trasformando con l’arrivo di Internet.

L’articolo dovrebbe essere stato scritto intorno al 1997, lo riporto qui, con il supporto visivo di alcuni dei demo citati, perchè siamo pur sempre nel 2021 e un lungo testo senza video è ormai intollerabile.

Prima di abbandonarti al me stesso di un quarto di secolo fa, lasciami aggiungere due note.

In primis, una precisazione sui video su You Tube che vedi sotto.
Metti tutto in prospettiva: quello che vedrai è stato fatto dai 30 ai 25 anni fa, su un computer meno potente del tuo contapassi.
L’immagine della sola anteprima di You Tube probabilmente pesa più dell’intero “programma” compreso di musica a grafica che girava su un Amiga e calcolava e mostrava queste animazioni in tempo reale.
Erano capolavori di arte e ingegneria informatica, e venivano scritti direttamente in Assembly, mica linguaggi ad “alto livello” come il C.

In secundis, la scena demo esiste ancora, è viva e vegeta e continua a sfornare produzioni incredibili in party sempre più evoluti. Molto si è spostato su PC, ma restano alcuni highlander che fanno ancora codice, musica e grafica su Amiga, Commodore 64 e altri antichi computer che potrebbero essere più vecchi di te.

Che tu sia scener, o che di queste cose non ha abbia mai saputo nulla, se sei ancora qui forse anche in te riverbera l’interesse per quell’antico fuoco, la passione all’idea di creare arte digitale usando codice, musica e grafica insieme, per il gusto di farlo e il piacere di condividerlo (qui siamo ben oltre, come storia, etica, complessità, profondità e spessore di certe derive NFT).

Se riuscirai a leggere fino in fondo, fammi sapere le tue sensazioni o emozioni, se tutto questo avrà contribuito a mettere i semi per la nascita di anche un/a solo/a nuovo/a scener, il tempo passato a fare quelle foto e scrivere queste parole sarà stato splendidamente speso.

STORIA DELLA SCENA DEMO AMIGA

Pieni anni Ottanta, negli uffici si installano radi Personal Computer che mostrano la faccia essenziale del DOS Microsoft, iniziano la corsa informatica alla conquista dell’umanità. Nelle case germogliano Commodore e Spectrum, già figli di una storia che si spinge in un passato più remoto, dove il software lo si digitava dalle antiche riviste del settore.
Fra abitazioni diverse fluiscono dati copiati su disco, si diffondono, rendono il computer accessibile e ne evidenziano le attrattive. Qualcuno sprotegge videogiochi originali e li distribuisce liberamente, c’è chi lo fa per sfida e chi per soldi, nel bene o nel male contribuiscono a colonizzare l’interesse e il tempo degli appassionati e, ipocrisie a parte, aiutano fortemente la diffusione di una cultura informatica.
Il computer user del tempo è per natura una persona curiosa che spesso non si accontenta di usare passivamente un programma. A seconda delle proprie predisposizioni, c’è chi si mette a programmare, chi lo usa per attività creative e chi smanetta con software vario.
Nel mondo dei pirati informatici, umanità varia interessata ad hacking, phreaking, cracking, carding e variazioni sul tema che vanno dalla ragazzata al crimine vero e proprio, si trovano i pionieri della scena demo.
Giovani più o meno egocentrici trovano necessario annunciare chi ha sprotetto un programma e aggiungono al gioco una intro del loro gruppo a guisa di marchio di fabbrica, perché il mondo sappia.
Verso il 1986-87, intorno ad un Amiga 1000 appena nata, gruppi come Kent Team e Bamiga Sector One piantano le loro intro sul software da loro sprotetto e paradossalmente qualcuno inizia ad essere interessato più alla intro che al gioco violato.
Poco dopo, con l’uscita dell’Amiga 500, la scena demo inizia a prendere corpo, alimentata da chi era già scener sul Commodore 64.
I coder iniziano ad esplorare il misterioso ed affascinante mondo dell’hardware Amiga, la storia della scena è la storia della ricerca da loro effettuata sulle capacità della macchina e su come queste possono essere sfruttate.
Può sembrare strano, ma nel corso degli anni l’Amiga è stata esplorata pezzo a pezzo, nuove possibilità sono state trovate per l’intuizione di uno e poi diffuse ed assimilate, come succede con la scienza e le sue scoperte sempre più approfondite e sempre dipendenti da quelle precedenti.
Lo stesso hardware è come se fosse migliorato col tempo perché è migliorato il modo di usarlo, costume che, inutile dirlo, non appartiene più ai nostri tempi.
Fin dall’inizio le genti scandinave, forse perché a corto di software di prima mano, forse perché non invogliate dalle lunghe notti invernali a fare altro, si sono distinte per la loro predisposizione nella creazione di demo, seguite a ruota dai popoli germanici, da sempre in prima linea sul fronte del cracking e dell’hacking (vedi lo stesso Chaos Computer Club).
Nel 1988 compaiono i primi megademo, un insieme di intro caricate una dopo l’altra, ottima occasione per stupire lo spettatore con un disco intero di demo meraviglie.
E’ il tempo degli scroll-text, le lunghissime scritte scorrevoli che infestano ogni produzione scenesca e danno la possibilità agli autori di comunicare amenità varie, salutare i contatti e rinfocolare le varie guerre fra gruppi, più o meno diffuse e divertenti.
E’ curiosa per l’osservatore esterno la duplice natura di questi messaggi: da un lato gli autori si scannano a vicenda, facendo a gara nel dichiararsi i migliori con slogan ad effetto, dall’altro salutano calorosamente gli altri (fin dall’inizio l’importanza dì un gruppo era anche data da con quanti altri gruppi fosse in contatto, più famosi erano questi, più prestigioso era inserirli, a pieno merito o no, nella propria greetings-list).
Passano i mesi e nuovi effetti di codice vengono introdotti, da fantasiose e a volte illeggibili variazioni sugli scroll-text, alle cruente battaglie su chi riesce a mettere in video più bobs (bruscamente interrotte quando qualcuno trova il trucco per visualizzarne infinite), dai primi effetti plasma, intuizione curiosa con un uso anomalo del copper, ai vettori, dalle danze di singoli punti sullo schermo ai campi stellari.
Con il nuovo anno compare per la prima volta un demo con un famigerato cubo rotante e da quel momento la scena non sarà più la stessa.
Ancora oggi, dimenticati scrolltexts e bobs, dots e line vectors, la maggior parte degli effetti si basa su evoluzirmi di solidi 3d.
Il dado è tratto e la valanga prende corpo. Nascono, si duplicano e si diffondono ovunque demo con vettori solidi in tutte le paste, oggetti si mettono a ruotare sugli schermi di mezza Europa, diventano le stesse lettere degli scrolltext, creano mondi tridimensionali e, colpo di scena, le loro facce vengono coperte da bitmap.
Il primo demo dove compaiono stencil vectors è Mental Hangover, (link) forse il nome più significativo dell’intera storia della scena.
Realizzato da Scoopex Finlandia è il primo trackmo in assoluto, caricato traccia per traccia dal disco, supera il concetto di sequenza di intro, tipico del megademo, e introduce quello di sequenza di effetti, tutt’ora utilizzato, opportunamente preceduta da una introduzione lunga e suggestiva.
Il 1990 è un anno magico per la scena, vengono prodotti moltissimi altri demo di prim’ordine, destinati a lasciare il segno. Da The Hunt for 7 October dei Cryptoburners (link) a Phantasmagoria degli Anarchy, (link) entrambi impregnati di solidi e accompagnati da colonne sonore memorabili.
Gruppo atipico e discusso sono i Budbrain, originali, divertenti e goliardici, fanno parlare molto di sé e presto spariscono dalla circolazione come la coppia Mahoney e Kaktus, eclettici musicisti e coder, creatori del Noisetracker, lo strumento principe, con i suoi discendenti, della composizione musicale su Amiga.
Quando lasciano la scena fanno scalpore, è la prima volta che scener tanto noti abbandonano il campo lasciando un indefinito senso di vuoto a chi rimane, nemmeno troppo confortato dalle loro ultime parole, diventate celebri: “Life is not made of electricity”.
Ma la scena va avanti, voci e notizie fluiscono fra le lettere degli swapper, si coagulano nei party e si condensano nelle riviste su disco, fra le quali nuovi nomi (Disc, Ice, HackMag e sopratutto Zine) iniziano ad oscurare lo storico Cracker Journal, le cui origini si perdono in un ignoto passato.
Il periodo d’oro è iniziato ed è ben lungi dall’essere finito. Quella che segue è un altra annata dal raccolto abbondante. Si producono demo e intro in ogni momento, serie di intro-packs girano ininterrottamente con il loro carico di byte colorati e genuini, grossi demo vengono messi in circolazione senza sosta, music-disk e slideshow abbondano. Per le strade d’Europa circolano migliaia di pacchi contenenti dischetti e lettere, mentre sui cavi telefonici una scena parallela, quella del phreaking e delle bbs, pulsa rigogliosa.
Si è in piena boxing era, un fischio alla giusta frequenza e le porte delle comunicazioni intercontinentali gratuite si aprono di fronte al trader in cerca di software da smazzare.
Sono tempi curiosi, in cui programmi, demo e immagini sono merce di scambio, si prelevano da una board per scaricarli su un’altra, alla continua ricerca di crediti, spesso fine a se stessa. Esistono personaggi che fanno girare megabyte di software al giorno, con nuovissimi modem HST, senza nemmeno degnarsi di scompattarli, ci sono collezionisti puri, con migliaia di dischetti di software inesplorato, maniaci delle novità, sempre in cerca di zero-day stuff. Un demo o un gioco sprotetto sono già vecchi dopo una settimana.
Qualcuno inizia già a rimpiangere “i bei tempi andati”, quando c’era più friendship e meno business. Rimpiangere sempre e comunque il passato è umano e anche lo scener, sotto sotto, è un uomo.
L’anno 1991 che ha già regalato un capolavoro del calibro di Enigma dei Phenomena (link) finisce col gran botto della prima edizione del The Party di fine anno in Danimarca. Da subito si capisce che questo appuntamento è destinato a diventare fondamentale sia per la quantità di persone presenti (migliaia) che per la qualità delle produzioni presentate.
Odyssey degli Alcatraz (link) vince e stupisce. Distribuito su 5 dischetti per 40 minuti di spettacolo è il primo grande Concept demo della scena, dove viene presentata una vera e propria storia e molti luoghi comuni e stereotipi tipici delle produzioni scenesche e destinati agli addetti ai lavori vengono deliberatamente esclusi.
Secondo classificato è un altro demo storico, Hardwired, forse il demo che più di ogni altro ha fatto scuola, introducendo molti nuovi effetti che verranno copiati e ripresentati per anni. (link)
Incredibile terzo è Voyage, con la musica del mitico e controverso duo Mantronix & Tip ed effetti notevoli. (link)
Questo party segna l’inizio di una nuova era, i gruppi iniziano a concentrare i loro sforzi su grossi progetti da presentare esclusivamente in occasioni simili, lo spirito del produrre un demo fine a se stesso, rilasciato in un giorno qualunque dell’anno senza sperare di vincere un premio inizia a scomparire. L’anno successivo si apriranno altre serie di appuntamenti fissi per la scena come il Gathering pasquale in Norvegia e l’Assembly estivo in Finlandia.
Fin dalla fine degli anni ottanta la scena usava riunirsi in party di dimensioni e importanza variabili. E’ con queste occasioni che si consolidano i legami fra gli scener di tutta Europa, amicizie vere nascono per mantenersi nel corso degli anni. Lo spirito di far parte di una sottocultura con una propria identità viene rinsaldato al punto che è normale per molti ospitare presso la propria casa scener stranieri in vacanza, a volte conosciuti solo per nome o per caso in un party.
E’ una mentalità che resiste ancora, anche per chi ha lasciato la scena e non produce più nulla, nutre una fratellanza fra gente di nazioni diverse che sta alla base della scena demo, dove lo stesso gruppo può avere membri che parlano lingue diverse e collaborano a distanza.
Il nuovo anno si apre sotto lo shock del party danese ma non concede soste alla meraviglia.
Andromeda e Spaceballs, gruppi norvegesi, conquistano premi e stupiscono, gli ultimi sfoderano nella seconda edizione del Party il demo che più di ogni altro si adatta ad un pubblico esterno. State of the Art, (link) con la sua ballerina vettoriale che danza a ritmo di techno, è innovativo e coinvolgente. Verrà inserito anche in video clip musicali, come altri demo, sintomo di come questo modo di creare emozioni visive al computer possa essere riproposto anche in altri media.
E’ anche l’anno dei Melon Design, gruppo controverso e originalissimo, caratteristico per l’aspetto fumettoso delle proprie produzioni, capace di rendere interessanti e apprezzati anche lavori senza particolari innovazioni tecniche.
E’ con i Melon che si inizia veramente a parlare di design in un demo, seppur in modo ancora approssimativo. Ci si rende conto che non basta un ottimo codice e si inizia a concentrare i propri sforzi anche sull’aspetto generale del demo, considerando in modo unitario programmazione, grafica e musica.
Ormai i rapporti con la scena cracking sono di lontana parentela. Alcuni gruppi hanno una sezione illegale dedita alle sprotezioni ed una legale che fa demo, ma la maggioranza degli scener non è interessata al cracking e gli stessi demo party, perdono nome e connotazione di copy party.
Nel 1993, anno di transizione verso il mondo AGA che la scena ha abbracciato piuttosto prontamente, un’altra serie di demo notevoli popola le librerie degli annalisti. Il migliore, il più significativo, forse il miglior demo non AGA di sempre è Desert Dream dei Kefrens, antico gruppo rivitalizzato per l’occasione. (link)
Desert Dream ha tutto: una musica coinvolgente, un inizio con una vera e propria storia (celebre polemica con i Melon Design, fra aerei che sparano angurie volanti e piramidi, simbolo dei Kefrens, che rispondono a tono), degli effetti notevoli ed originali e, sopratutto, una sincronizzazione mozzafiato fra azione su video e colonna sonora.
Questi sono gli ultimi potenti sospiri di un chipset vecchio sette anni con il quale membri della scena hanno lavorato a capo fitto, ottenendo risultati stupefacenti e sempre più evoluti.
Fino a questo momento la scena ha lavorato su un 68000 a 7 Mhz con 1 mega di memoria ottenendo da una simile configurazione più di quanto fosse umanamente possibile immaginarsi.
Nel 1994 si consolida l’era AGA sulla scena e nuove meraviglie iniziano ad essere svelate da questi fanatici dello sfruttamento dell’hardware.
Labirinti alla Doom, paesaggi trattali 3d, solidi coloratissimi popolano molte produzioni, tra le quali emergono Real dei Complex (link) che consolida le capacità del coder francese Gengis, e Nexus 7 degli Andromeda, (link) ennesimo demo storico sfornato dal Party 4.
I finlandesi Virtual Dreams, con Love (link) e Breathtaker,(link) guidano le portentose legioni della scena finlandese, caratteristica per demo o completamente originali e folli o incredibilmente scontati e tecnicamente avanzatissimi.
La presenza di hard disk anche sugli Amiga 1200 base spinge la scena a diventare più os friendly. Il trackmo, caricabile esclusivamente da dischetto, inizia a perdere senso. Memoria e spazio su disco fisso permettono di avere demo grossi in file unici o in più file caricati successivamente.
Le riviste su disco iniziano ad essere in multitasking, fra queste RAW domina seguita dalla rivale Upstream, ma il coder, imperterrito, continua a programmare in Assembly, ragionando direttamente con i processi logici della macchina, parlandoci in modo diretto ed esplicito. La stessa scena demo su PC, che inizia ad essere produttiva quanto quella Amiga continua e continuerà a fare demo in C, forte della bruta potenza di calcolo di nuovi Intel sempre più veloci e sempre meno sfruttati.
La scena comunque sta cambiando ed inizia ad assumere le connotazioni attuali. I grossi demo party sono sempre più eventi commerciali multipiattaforma, dove non è più importante se chi viene ha un Amiga, un PC o un Commodore 64, se presenta un demo, gioca o copia software.
L’importante è che versi le 50 e rotti mila lire per entrare.
Non è più un caso, quindi, vedere che il vincitore del Party 5 sia un demo di 4 Mega e mezzo, realizzato in vari mesi di lavoro, con un alto numero di effetti, sopratutto in 3d, colorati e sempre più dipendenti dalla velocità della macchina. Si parla di Closer dei CNCD che, pur avendo un proprio stile e spessore, una musica suggestiva e appropriata, resta una ottima sequenza di effetti senza troppa logica o senso. (link)
Peccato originale di gran parte dei demo della scena che diventa quasi mortale quando tanto tempo viene speso per ottenere certi risultati.
Una ben precisa tendenza mette le radici in questi tempi. Forti di processori più veloci, ai party si compete ormai su 68030 e 040 con almeno 4 Mega di memoria, i programmatori ci concentrano nella realizzazione di solidi tridimensionali.
Praticamente ogni altro genere di effetto viene trascurato, il 3d invade ogni demo, viene ripresentato in tutte le salse: si era partiti con superfici lisce e semplici, si erano poi aggiunte bitmap sulle facce, si sono aggiunti del gouraud shading, un po’ di illuminazione, effetti di bumping sulle superfici, morphing dei solidi, ombre, intersezioni, phong, riflessi.
Il buon vecchio cubo rotante si è trasformato in qualsiasi altra cosa e con questi oggetti complessi si è potuto costruire mondi, situazioni e ambienti diversi.
Diventa possibile ricreare una realtà con le sue coordinate tridimensionali, opportunamente riempite e colorate, la tentazione è troppo forte per il programmatore Amiga, che pur deve superare un sistema di gestione della grafica a bit-planes che poco si addice alla rappresentazione di mondi 3d.
Una buona routine di conversione Chunky to Planar diventa il Graal del coder Amiga, tutti ne hanno bisogno, tutti ne fanno o copiano una, tutti, inconsapevolmente si inchinano e si subordinano alla scena PC dove le stesse cose si possono fare molto più facilmente e velocemente.
Un bel demo 3d impressiona quando viene mostrato la prima volta, ma se non ha pathos, se non crea sensazioni forti, se non comunica qualcosa, è destinato a diventare obsoleto nel momento in cui processori più veloci permetteranno di fare meglio le stesse cose.
Questo è il punto di svolta. Una volta i demo PC scimmiottavano, male, quelli Amiga, cercando di riprodurne gli effetti più caratteristici. Ora quasi tutti i demo si fondano sul 3d, ma su un PC certe cose vengono meglio e la scena Amiga si ritrova ad inseguire, spesso immemore dell’originalità che la rendeva più evoluta.
Nel 1995 comunque esce anche un demo che non ci stancheremo mai di guardare, per la colonna sonora devastante e la sfrontatezza di temi ed effetti: Planet M dei Melon Design, (link) forse l’ultimo simbolo di una scena che non c’è più.
Ma non è il solo, al Party 5, dietro Closer, si trova una fulminea perla di originalità e stile: Faktory dei Virtual Dreams, (link) l’unico suo difetto è che dura troppo poco. Avrebbe dovuto fare scuola e invece sembra destinato a restare un episodio.
Arriva il 1996 ed arrivano i The Black Lotus. Sono il gruppo dell’anno, stornano uno dietro l’altro Tint, (link) Glow, (link) Darkside. (link)

Tint piace a molti per la bella musica, la bella grafica, il codice avanzatissimo. Delude altri per la sensazione che avrebbe potuto essere uno dei più grandi ma sembra una sequenza, a volte pure noiosa, di effetti senza molto senso.
Gli altri lavori dei TBL ripresentano routine simili, comunque sempre impressionanti e mietono successi a ripetizione.
Sintomi di decadenza si notano nel mondo delle riviste su disco, ormai sempre più rare, con ROM ormai incontrastato punto di riferimento e poche altre, come Generation, a stargli dietro.
Demo interessanti continuano ad essere presentati nei party, che ormai sono appuntamenti imperdibili a volte con marcate connotazioni commerciali.

La grande rete ha cambiato molte caratteristiche di questo mondo, rendendo obsoleto il mail swapping, permettendo collaborazioni internazionali molto più strette, assicurando molto più facilmente la diffusione delle produzioni.
L’emorragia di scener Amiga nel mondo PC è continua ma non impedisce a nuove e vecchie forze di continuare a creare qualcosa con un computer tanto particolare ed affascinante.

[Per la versione completa di questo articolo leggere Amiga Magazine]

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