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Controllare i Social? (p.1)

24 Giugno 2023 - Cultura e vita digitale

[Reading Time: 16 minutes]

Il controllo dei Social Media non lo avrai mai ma…

 

…devi fare di più per te e per i tuoi figli.

Vi dico subito che *la ciccia sta sotto* e leggere questo pezzo dall’inizio potrà solo fare in modo di conoscerci un po’ meglio.

Intendiamoci, se non te ne frega un cazzo, lo capisco e hai tutta la mia stima, puoi tranquillamente scrollare in basso e passare oltre.

Calcolato che i miei intermezzi non tecnici sono sempre fatti e storielle vere, può anche essere sfizioso da leggere sul balcone di casa, magari sotto il sole fingendo di essere in vacanza.

Siamo diventati un po’ amici?

Non ci siamo ancora skifati definitivamente?

 

Ok, speriamo dai.

 

Mentre tutti vanno *a Fare il Futuro* di questo mondo web, collezionando selfie, accreditandosi per la vacanzetta con la scusa che è *per lavoro*, vedendosi di persona (e questo è veramente ottimo), *posizionandosi* o meglio:

Ci provano

…in questo mondo web dove tanti vogliono essere qualcosa o qualcuno e dove pochi lo sono e lo saranno davvero…

…muoversi è diventato pesante, difficile, artificiale e artificioso, fuori dalla portata della gente.

È diventato frustrante, complesso, articolato ed estremamente incaprettato ad algoritmi intelligenti abili solo a riempirsi le tasche.

Fatto sta, che mi ritrovo in giro senza una meta precisa con BobilCamper a pensare di elaborare una specie di guida per genitori, figli, educatori, evangelizzatori, formatori e de-formatori come il sottoscritto.

Follia, follia pura.

 

Con questo clima cambogiano, devo ammettere di essere abbastanza stonato e rincoglionito ed è proprio questo rincoglionimento che ha fatto maturare la decisione.

Ci provo lo stesso.

 

I chilometri aiutano la riflessione, il rombo sordo del vecchio motore eroico e sfrontato, lento e costante, rigenera gli equilibri.

La temperatura dell’acqua è bassa, giorni a pulire l’impianto è servito, l’aria entra violenta dai finestrini spalancati – anche le vespe – e piano piano ritrovo pace, un po’ come quando sono nell’orto oppure mentre riparo la roba che si rompe o a trafficare con le altre vecchie auto.

Le immagini scorrono, ritmiche, ordinate, regolari e si imprimono sulla retina, componendo ricordi da raccontare che non vale la pena di fotografare… sarebbe riduttivo.

 

Sarebbe come comprimere l’infinito presente in una scatola, a meno che non sia infinitamente piccolo e non lo è.

Non serve, non mi serve.

 

I chilometri infiniti scorrono sotto ruote infinite e mi inerpico su valutazioni ardite del mio passato, professionale e non.

Anche sul mio presente e mi sfugge per un po’ la visione del futuro… chissenefrega, non è grave, un peso di meno.

 

In compenso, vedo gente che porta in spiaggia dei simil-cani con le trecce (i cani) e il passeggino e li mette su piccoli canotti per portarli in acqua, gli fa capanne della Quechua e mi rendo conto di non appartenere a questo tempo,

rollo una sigaretta…

…li osservo, rollo meglio la sigaretta.

Il cane galleggia sul gommone, si guarda intorno un po’ *fatto* e lievemente allarmato come la padrona, non nuota, non gioca, non abbaia, non si bagna come la padrona… sta e basta,

come la padrona.

 

Boh… mi sale lo sgomento,

mi dico “Fregatene, va così” e mi rispondo che *così* non va mancoperilcazzo, accendo la sigaretta proteggendola dal vento… osservo il logo giallo MetrOfficine sulla maglia che brilla da sotto gli occhiali da sole.

Forse sono fuggito dal tempo.

Qual è il mio tempo?

È il tempo di ieri?

È quello di domani?

È quello che mi aspettavo 20-30 anni fa?

È ora, oggi, subito?

Capisco solo che è quello che mi ritrovo tra le mani, quello che mi resta e devo farci i conti bello o brutto che sia, questo c’è e l’unica cosa che posso tentare è fare *un qualcosa* per qualcuno.

Forse è Redenzione.

Forse è così.

Non può essere che sia finita, con i simil-cani che galleggiano e non nuotano.

 

Un tentativo di trovare la strada

 

È una vita che cerco *strade per*, quasi come ci fosse una spinta interiore a percorrere vie perigliose e sconosciute verso mete spesso improbabili a volte quasi irraggiungibili.

 

Ma si va… si parte, si parte sempre, preparati, impreparati, con un piano, senza un piano.

Si parte e basta.

Si parte verso quell’impossibilità che scatena il bisogno di fare qualcosa e tentare.

È così che nasce questa guida.

 

La possiamo approfondire quando vogliamo, anche con incontri di persona o da remoto che non definirei *formazione* perché se mai è: *De-Formazione*.

 

Si tratta di ORIENTAMENTO,

si tratta di DE-DIGITALIZZAZIONE CONSAPEVOLE cioè, non la negazione di un passo essenziale del progresso umano ma una nuova relazione consapevole con un sistema che NON nasce per beneficio comune ma come esemplificazione profittatoria e apparente della nostra vita, tutta esclusivamente incardinata sul culto istintivo e indotto della convenienza.

 

Conviene, lo uso.

 

Ed è qui che fai la prima cazzata!

E No! Non funziona così! Perché la convenienza TUA può essere il danno per un altro o per una collettività intera.

 

Siamo arrivati al punto per il quale il futuro digitale galoppa verso di noi come un destriero alato dagli occhi fiammeggianti di cui nessuno conosce le volontà.

Bellissimo, veloce, fulgido, travolgente e potenzialmente letale.

 

Forse, è arrivato il momento di chiarirci le idee e tentare una metodologia per resistere alla pervasione di quella tecnologia che non abbiamo scelto volontariamente e che usiamo e subiamo per pura CON-VE-NIE-NZA.

 

Quindi,

prima d’intraprendere il viaggio, cerchiamo di essere consapevoli di ciò che, digitalmente parlando, ci circonda e ci induce a…

 

Questo è il tentativo molto complicato, di organizzare una minima possibilità di gestione della faccenda: *Uso dei Social*

che è ormai completamente fuori controllo.

Troppi anni di Social Media Management e Community Management mi hanno fatto capire che la strada percorsa e che si sta percorrendo, non è affatto quella giusta.

 

Diciamocelo concretamente:

non c’è nessuna maniera per Prendere il Controllo dei propri canali Social se non chiuderli, dimenticarli, sparire, buttare lo smartphone… e per sempre.

 

Non c’è nessuna possibilità perché sono macchine troppo evolute e create per non essere capite.

 

La gente, *Lo User* non è nella possibilità di comprenderne gli scopi, gli obiettivi, le modalità, le pericolosità a breve, medio e lungo termine, tutto viene celato dietro cortine fumogene di menzogne bene articolate e artefatti di comunicazione estremamente sibillini e fuorvianti.

 

Quando aziende monopoliste di settore possono auto-dichiarare quello che vogliono, essere anche allineate alle normative di legge per poi mettere gli utenti nella posizione di riconfigurare i sistemi in modo di aggirare la norma di legge (spesso scadente, approssimativa e accademica) oppure, come capita sovente, modificano gli algoritmi in corsa come gli pare, si  capisce che tutto il *Progetto Web* è deragliato miseramente e in parte anche colpa nostra.

 

La gente comune ha altre comprensibili priorità di ordine pratico, medico, economico, emotivo, esistenziale e non può studiare questi marchingegni per anni, nel tentativo di comprenderne la vera natura.

Non può e francamente non dovrebbe neanche perché non sta scritto da nessuna parte che *io* mi debba difendere da ciò che uso.

 

Piattaforme che dovrebbero creare Reti Sociali, dove tutti sentono l’illusione di una Relazione Continua e dove si sparisce con un click anche dalla memoria di quelle persone a cui l’algoritmo metteva sotto il naso le tue cose tutti i giorni.

Individui che si sentono e non si trovano e non si vedono mai.

Tanto vicini quanto lontani, percorrendo costantemente *vite altrove* sempre immersi in realtà collaterali.

 

Ma prima di tentare questa manovra di contenimento, dobbiamo precisare in parole semplici, alcune dinamiche del web attuale e contemporaneo.

🔴 Attenzione a questo passaggio che tornerà successivamente:

“Il peso esercitato per il cambiamento tecnologico è maggiore allontanandoci dalla piattaforma in senso progettuale e tecnico.”

Paradossalmente, il cambiamento più consistente è dovuto a ciò che cambia a livello culturale e di paradigma, sia dal lato della piattaforma (cambiamento radicale di modello di business), sia a livello User (cambiamento delle modalità d’uso, soddisfacimento di reali e concrete necessità, uso consapevole, conoscenza ecc.)

 

Cosa è diventato il web?

 

Il web non è quello che ci aspettavamo.

 

Il web è diventato un pianeta complicato, una rete neurale interconnessa sui 3 piani dello spazio, a dire che ha sviluppo tridimensionale (forse di più) dove il mezzo di S-Comunicazione supera e soverchia le reali necessità della gente.

 

Il web è diventato imperscrutabile per i più e una leva potentissima per pochi.

Un meta-mondo dove macchine parlano ad altre macchine e spesso la gente è relegata a spettatore inconsapevole e *comprante*.

 

Un NON-luogo dove emergere è sempre più improbabile e dove comunicare spesso diventa un urlo nel vuoto spinto, dove vige ancora la vetusta regola del *A Tutti i Costi* e dove il Senso di Responsabilità è previsto solo e poco nella versione Premium, quella con la spunta blu, anzi… neanche lì.

 

Soprattutto,

è quel mezzo nel quale il tempo si smaterializza, viene rubato, inghiottito e tritato come fosse carne fresca, condita di attenzione perennemente puntata su altre vite oppure eccessivamente sulla propria nel tentativo di auto-affermarsi e auto-celebrarsi.

 

Un delicato equilibrio di frustrazione e soddisfazione umana che fa da carbone per queste locomotive impazzite che non si fermano mai.

 

Senza il web però resta solo il bar e la community entro la quale si amministra la propria vita.

E se volessi comunicare *oltre* che faccio? Che si fa?

E se il bar non bastasse più?

Un tempo non avevamo questa pretesa di iper-comunicazione, il contesto, se pur limitato, ci bastava ed essere i primi a casa nostra era già un grande risultato.

 

Poi abbiamo voluto partecipare al campionato nazionale e per alcuni anche quello mondiale e ci abbiamo sbattuto le corna contro.

E così, finiamo a usare i canali digitali per ripristinare la realtà del fatidico baretto sotto casa e non lo scegliamo neanche perché il cluster di aggregazione si crea tramite un complicatissimo ed efficace ragionamento di più algoritmi messi insieme.

E non torna per niente.

Non torna, se non viviamo fisicamente quella specifica community.

 

Quindi, sempre fisicamente, viviamo in luoghi che non frequentiamo?

Sì, è anche possibile.

Luoghi dove srotoliamo la nostra vita in perfetta mancanza di interazione e che, in effetti, non ci appartengono per niente e quanto dovrebbero?

Quell’interazione che andiamo disperatamente a cercare sul device? Sui Social? Nelle app di messaggistica e nei gruppi chiusi?

 

E il mondo lì fuori che farà mentre io resto placidamente e inconsapevolmente seduto al bar cercando di resistere?

Qui nasce il problema perché concretamente non stai resistendo, stai solo… sbiadendo.

 

Chiedimi se veramente esiste un modo per mettersi a riparo da tutto questo.

 

Chiedimelo dai,

la risposta è… No! No, No e ancora No e chi dice che basta adattarsi e fare quello che si deve fare per averne tutti i vantaggi che la macchina concede è uno di quei soggetti con i quali non andrei mai in guerra.

La prima *palla* sarebbe la mia.

 

Esiste solo un modo per de-digitalizzarsi consapevolmente che prevede un piccolo/grande sforzo oppure accettare di buon grado tutto e fottersene altamente.

Anche questa è una soluzione.

 

In realtà parliamo di un processo che prevede una rinuncia che NON rinnega il mondo digitale, se mai ne contesta gli aspetti basilari, le conseguenze e lo affronta in modo diverso per chi si sforza di comprenderlo.

 

La prima domanda che dobbiamo chiederci è:

Perché devo farlo?

*Devo* è già sbagliato.

 

È un processo che affronti solo se ne senti l’esigenza, se hai percezione delle problematiche attuali e future, se vuoi mettere a riparo qualcuno, se non vuoi essere TU il prodotto anche se alla fine, con il tuo smartphone in saccoccia, lo sarai sempre e comunque.

 

E questa è una leva essenziale.

 

Molte piattaforme, direi la quasi totalità, focalizzano il loro utilizzo proprio sul fatto che in più di 20 anni ci hanno rubato di tutto.

La percezione degli user e della propria privacy oppure dei dati aggregati (big data) che ci vengono esfiltrati, è che siano una *proprietà* andata ormai persa per sempre.

 

Questo passaggio è effettivamente reale e non si può discutere e quindi?

Vale la pena di essere sui Social così? Remissivi e senza voce in capitolo?

Oppure andarsene zitti, mesti, abbandonando gli account senza proferire un’idea, un parere?

Senza sbraitare? Senza spaccare tutto?

Nessuna delle tre opzioni mi risulta particolarmente affascinante e nel mondo ci sono migliaia di persone che stanno vedendo le cose in un modo differente e molto laterale.

 

In più,

tecnicamente parlando, la totalità dei siti web e delle piattaforme Social, se non hanno accesso a questi dati che gli forniamo di continuo, funzionano male o non girano e addirittura non funzionano per niente e ti riportano alla pagina illeggibile di accettazione dei Termini di uso del servizio face do scattare quel tanto di frustrazione che ti fa cliccare su *Accetta tutto*

 

In sintesi o accetti tutto o non usi la piattaforma, l’accettazione selettiva è un lavoro accessorio estremamente cronofago che concede altri dati comportamentali alla piattaforma che profila 24/7 senza sosta e che, ovviamente, snerva l’utente navigatore che finisce per accettare tutto in tronco o rinuncia alla navigazione.

 

È andata così e indietro non si torna.

 

Se fossi in Voi, però, mi chiederei…

 

Cosa si può fare adesso e alla luce dei fatti?

 

Prima di tutto, occorre darsi degli obiettivi, per chi ne fosse capace, e imporsi una routine.

Ci sono persone molto quadrate che riescono a imporsi una routine, la rispettano e ottengono ottimi risultati.

 

Questo è uno di quei casi perché si ha a che fare con argomenti relativi alle abitudini, all’assuefazione, al condizionamento psicologico, alla riprova sociale, alla psicometria e alla gestione del tempo.

Si ha a che fare con macchine che sanno percepire emozioni, frustrazioni, pregiudizi, disfunzioni, desideri e che sanno indirizzare e consegnare contenuti mirati in modo sempre più aggressivo.

 

Io non sono bravissimo con le routine, le trovo asfissianti e avvilenti e se ne comincio una, prima dei 21 giorni fatidici mi *accappotto* miseramente.

In genere preferisco sforzi intensi, e prolungati per periodi brevi e non è un metodo eccessivamente vincente anzi, spesso il risultato conseguito è più che accettabile, fulmineo e con ampio margine d’improvvisazione estemporanea, porta dritti al risultato… ma non è perfetto.

 

Magari sarà l’accettazione di una perfezione inutile da raggiungere che mi fa scegliere per questa modalità, boh… non lo so.

La perfezione non mi affascina, mi affascina ciò che si regge anche sbilenco, funziona e ha un qualcosa di geniale anche quando non lo è affatto.

 

Ad ogni modo, DICEVAMO?

AH SÌ, Ok… ottenere un risultato serio e duraturo è spesso frutto di una routine precisa, pedissequa, qualche volta ai limiti dell’idiozia.

È come una forma di auto-schiavitù molto utile, valida e che funziona, per le persone particolarmente strutturate e tendenzialmente abitudinarie.

Di conseguenza, strutturatevi un po’ e mentalizzatevi, perché entriamo nel vivo:

➡️ Obiettivi

➡️ Routine

 

Cosa possiamo fare come genitori

 

Una cosa è certa,

Il genitore non è nella condizione di fare nulla se prima non lavora su se stesso.

Il divieto, il controllo paranoico e asfissiante non portano alcun risultato se non quello di rendere maggiormente attraente l’uso delle piattaforme Social, Chat, Messaggistica, Broadcasting ecc. ed è da considerare che i ragazzi spesso ne sanno tecnicamente molto di più dei propri genitori o educatori.

Queste due figure partono tecnologicamente (e moralmente) perdenti e non vengono affatto stimate anzi, spesso sono ampiamente perculate e derise.

 

Cominciamo dagli obiettivi?

Se il figlio, il minore, il nipote non ne hanno (come è giusto che sia data la tenera età) è bene che l’adulto li abbia molto chiari nella testa e faccia anche in fretta.

Il genitore prima di tutto deve essere un esempio virtuoso e non un bacchettone, parruccone, palloso, bieco e ignorante.

Il genitore deve intuire le necessità del figlio per quanto possano essere paradossali, perché quello che i giovani non trovano nel concreto della vita ordinaria, ormai lo cercano e lo trovano on-line dove c’è tutto l’extra-ordinario che possono desiderare e a essere onesti, lo fanno anche gli adulti.

TUTTI.

Il genitore/educatore DEVE conoscere la tecnologia, la deve saper usare in modo etico ed equilibrato e deve saperne rischi, difficoltà e disfunzioni senza falsi allarmismi o moralismi ma solo con lucida consapevolezza.

Le lamentazioni e le giaculatorie non servono.

 

Proviamo ad elencare alcuni obiettivi dopo un semplice preambolo:

🔴 Ricordiamoci bene che:

Necessita aiutare, proteggere, e preparare le generazioni future insegnando loro come la tecnologia possa essere estremamente estrattiva, fornendogli strumenti che consentano relazioni più sane con la tecnologia stessa e con i loro simili.

Tutto chiaro?

Lo spero, perché altrimenti siamo nei guai.

 

Partiamo (respirone profondo, chiudete gli occhi… Via!)

 

Il nostro ambiente Social Media è *rotto*.

 

Integrando le competenze attraverso la tecnologia, il dialogo con gli specialisti, la consapevolezza e l’istruzione educativa, una serie di passaggi interattivi aiuta i giovani a navigare – e spingere al cambiamento – in un ambiente socialmediale profondamente ambiguo e in crisi.

Dimentichiamoci della scemenza che: *La Tecnologia è Neutra*.

No, non lo è.

La storiella è stata inventata dagli stessi che sapevano che non lo era.

 

L’insieme delle prassi incluse in questi moduli, contiene domande e attività che possono essere autogestite o elaborate in un contesto di gruppo, in famiglia o in classe.

 

La guida è utile da sola, anche se è meglio integrare diverse prassi da utilizzare come percorso completo.

Il percorso è pensato e progettato per gli educatori e da utilizzare con giovani di età compresa tra 13 e 25 anni (anni complicatissimi).

 

Non si può negare che possano anche essere utili a chiunque per conoscere le problematiche e spingere per un futuro più umano, sostenibile, equo e non incentrato esclusivamente sulla convenienza.

 

Obiettivo: Comprendere il Problema n°1 – L’Economia dell’attenzione

 

⚪ Perché le Big Tech del Social lottano fra di loro per avere tutta la nostra attenzione?

Perché il loro modello di business si basa sull’aggregare dati digitali comportamentali e rivenderli a tutti coloro che vogliono fare pubblicità a mezzo digitale.

Cosa rubano?

Rubano di tutto.

[Qui consiglio qualche ora di chiacchierata di persona, anche da remoto]

Le piattaforme social vengono pagate per orientare contenuti pubblicitari, non solo in senso strettamente commerciale.

Tra *pubblicità* e *propaganda* il confine è veramente labile.

 

🔴 Attenzione qui sotto!

5 domande che dobbiamo necessariamente farci e comprendere:

➡️ Domanda 1: In che modo le aziende di social media guadagnano?

➡️ Domanda 2: In che modo competere nell’economia dell’attenzione modella i prodotti/contenuti dei social media che utilizziamo?

➡️ Domanda 3: In che modo la corsa all’attenzione distorce il modo in cui vediamo il mondo?

➡️ Domanda 4: Cosa significano le distorsioni dell’economia dell’attenzione per il nostro futuro?

➡️ Domanda 5: Come cambiamo un sistema così grande?

 

Controllare i Social? (p.1)

 

Cosa state intuendo?

Che siamo ampiamente nelle peste ma se riuscite ad andare avanti, vediamo di tentare qualche soluzione.

 

Certo, potreste anche non farlo perché non vi va o non vi riesce ma che senso avrebbe essere arrivati fino qui?

Se non vi riesce, mi contattate e Vi aiuto.

Altrimenti che senso avrebbe perdere l’opportunità di trovare e provare uno dei mille modi possibili per arginare il problema?

 

Dai, concentriamoci e procediamo avanti, vi accompagno.

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Vi voglio segnalare una curiosità:

➡️ Il peso del cambiamento tecnologico, paradossalmente, è più incisivo mano a mano che ci allontaniamo dalla piattaforma stessa, in termini strettamente progettuali.

Controllare i Social? (p.1)

 

Ciò che davvero comporta tale cambiamento è il lato culturale e di paradigma adottato da parte della società e della collettività.

Chiaramente, se questo aspetto culturale e di paradigma viene modificato radicalmente dall’azienda Social Media, il processo accelera.

Ciò che invece ha un impatto molto relativo, nell’ordine del cambiamento tecnologico, sono le modifiche di design e di user experience.

Naturalmente, si capisce facilmente che la modifica radicale dei processi decisionali a carico degli algoritmi *intelligenti* comporta un impatto maggiore della semplice modifica di design.

Ciò che attiene alle regolamentazioni esterne ha un impatto *mediano* ma sicuramente aiuta.

Nella figura sovrastante, vi fate un’idea rapida di cosa conta di più.

 

Quindi, il prodotto *Social Media* (e già cominciamo a capire che il prodotto non possiamo e non dobbiamo essere Noi) che apparentemente sembra gratuito, e che usiamo ogni giorno con la sensazione di rimanere in contatto continuo e imparare cose nuove e nuove informazioni, allo stesso tempo analizza tutte le nostre azioni e i dati che condividiamo, usando ciò che apprende su di noi per indurci a prestare alla piattaforma più attenzione di quanta effettivamente ne vorremmo concedere.

 

Questa attenzione ha un valore inestimabile, lo sapevate?

 

Vendono quell’attenzione – e alla fine cambiano ciò che pensiamo e come ci comportiamo – agli inserzionisti pubblicitari.

Questi prodotti social media sono coinvolti in una corsa forsennata per catturare la nostra attenzione al fine di fare soldi e l’alibi è sempre *L’Esperienza Personalizzata* che in realtà è solo la punta di un iceberg profondissimo.

 

E qui imparerai:

➡️ Perché la nostra attenzione è preziosa per le aziende di social media.

➡️ Come quel valore dà forma al design dei prodotti che usiamo ogni giorno.

➡️ In che modo gli incentivi finanziari di questi prodotti creano danni a noi e alla società nel suo insieme.

 

Comprendendo questi 3 punti chiave, inizieremo a vedere come si può aiutare a spingere per una tecnologia che sia in linea con i migliori interessi dell’umanità (aspetto Culturale e di Paradigma) e non seguendo esclusivamente la mera convenienza.

 

Le generazioni cresciute con i social media sanno benissimo che sono strumenti con un potere incredibile ma ingloriosamente gli adulti se ne accorgono molto meno.

 

Quel potere può costruire connessioni, consentire di alzare la propria voce e aiutare a risolvere problemi complessi.

 

E per contro però, gli stessi Social Media possono distrarci, dividerci e declassare la nostra capacità collettiva di risolvere i problemi.

 

Sembra una contraddizione?

No, non lo è perché un conto sono le nostre necessità di USATORI e un conto sono le priorità delle aziende che stanno dietro ai Social Media e fidatevi… sono obiettivi spesso diametralmente diversi e opposti.

 

 

Cercate di guardarVi e di guardare i Vostri figli.

 

“Cosa faccio? Prendo il telefono di continuo e…”

 

➡️ Controllo i Like

➡️ Controllo i commenti, chi li fa, cosa dice e chi ha in connessione

➡️ Replico a ogni singolo commento

➡️ Guardo foto e video di altre vite, di altre persone e formulo un pensiero dietro a un’onda emotiva specifica

➡️ Scatto un selfie, non mi piace lo cancello. Scatto un selfie, non mi piace lo cancello, scatto un selfie, non mi piace lo cancello…

➡️ Digerisco quell’emozione o non la digerisco affatto e ne faccio una fissazione

 

Già questi 6 punti possono configurare la nascita di un’ossessione a mezzo Social sempre se non lo si faccia di mestiere e qui, si apre un altro film molto complesso che magari analizzeremo in futuro.

 

Controllare, controllare, controllare, controllare, esserci, non essere esclusi, emergere o semplicemente spiare la vita altrui facendo paragoni non necessari, giudicare, giudicare, giudicare…

 

Signori miei, non ci siamo proprio.

 

Tutto questo significa regalare estrema attenzione alla macchina e fargli fare tanti, tanti soldi alle vostre/nostre spalle, convinti di usarla mentre è esattamente l’inverso:

 

È la macchina che usa Noi.

 

Guardati e comincia a considerare quanto stai per leggere sotto, in modo molto attento e con estrema riflessione:

 

⚪ Pensa alla tua esperienza sui social media.

⚪ Comincia con l’ammettere la dipendenza e la distorsione.

Guarda che è un grande passo eh!

Se hai difficoltà, contattami e ti ascolterò, proverò ad aiutarti.

Le vedi? Le trovi Dipendenza e Distorsione?

No?

Hai tutto sotto controllo?

*Smetto quando voglio*? Dove l’abbiamo già sentita questa cosa?

Rifletti molto bene, guardati e non essere giudicante.

Se lo fai con obiettività e coscienza, le troverai e solo a questo punto potrai paragonarle ad esperienze di altri tuoi coetanei.

Considera che i tuoi ragazzi sono sotto la stessa pressione e in mondo di coetanei estremamente crudele, vivono la stessa inconsapevolezza a livello emotivo ma è tutto moltiplicato per 100, per 1000… e possono arrivare a giudicare TE genitore o educatore un *Fallito fuori dal Tempo*.

Fai attenzione.

A questo punto di consapevolezza cominciamo a chiederci se tali valutazioni sono comuni alla bolla delle nostre conoscenze.

 

Sono esperienze uguali?

Sono esperienze diverse?

In cosa sono diverse?

 

Vedrai,

si aprirà un mondo che non era ancora svelato.

 

 

Ma allora, in che modo i Social Media fanno soldi?

 

La nostra attenzione è una risorsa limitata nel tempo.

Ci sono solo un limitato numero di ore di veglia al giorno, e quindi abbiamo un numero limitato di cose sulle quali possiamo concentrarci.

(Riflettici)

 

Quando prestiamo attenzione a una cosa, non prestiamo attenzione a qualcos’altro.

Questo aspetto della vita è stato profondamente complicato dalla tecnologia.

Con più informazioni e più scelte a portata di mano che mai, ci sono richieste senza precedenti che facciamo alla nostra attenzione.

 

La sensazione di costante distrazione è alimentata dalle aziende tecnologiche che si affidano alla cattura della nostra attenzione per fare soldi, normalmente vendendola agli inserzionisti e il puntare tutto o quasi tutto, sul meccanismo della *Notifica* significa generare centinaia di micro-allarmi giornalieri.

 

Uno dei grandi alibi della pubblicità è sempre stato *dire e dirsi* che in fondo fanno solo e sempre ciò che l’inserzionista vuole.

Vengono pagati per farlo e lo fanno.

 

Potrebbe essere l’acquisto di un nuovo paio di scarpe, l’assunzione di una lezione online o il voto per un candidato politico.

 

La pubblicità tradizionale su TV, giornali, riviste o cartelloni pubblicitari è molto semplice:

tutti vedono gli stessi annunci e gli annunci non restituiscono dati estremamente precisi agli inserzionisti sulle persone che li guardano, restano su dati aggregati di massima.

 

I social media hanno diversi *vantaggi* unici che rendono la pubblicità molto più potente:

 

➡️ Intelligenza artificiale:

Nessun altro media attinge a enormi supercomputer per prevedere cosa potrebbe mostrarti per farti scorrere, scorrere e scorrere ancora senza fine (Deep Scrolling) o condividere perfettamente.

 

➡️ Influenza 24/7:

Nessun altro media guida i pensieri di più di due miliardi di persone 24/7 – che spendono mediamente oltre 150 minuti sui social media al giorno – dal momento in cui si svegliano fino a quando si addormentano.

 

➡️ Controllo sociale:

Nessun altro media ridefinisce i termini della nostra vita sociale: calo di autostima quando crediamo di perdere, esaltazione di autostima per la percezione che gli altri siano d’accordo con noi.

 

➡️ Personalizzazione:

Nessun altro media utilizza un profilo preciso e personalizzato di tutto ciò che abbiamo detto, condiviso, cliccato e guardato per influenzare il nostro comportamento su questa scala.

 

Tutto ciò offre ai social media un accesso intimo ai nostri pensieri e a i nostri comportamenti.

L’obiettivo è trovare il momento giusto mentre siamo online per attirare strategicamente la nostra attenzione e inserire un annuncio con cui ci impegneremo.

[Definiamo *impegneremo*]

 

Questo è ciò che le piattaforme promettono ai loro inserzionisti.

Ogni app è coinvolta in una corsa per la tua attenzione, in competizione non solo con altre app, ma anche contro i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi hobby e persino con il tuo sonno.

Le app sanno quando stai dormendo.

 

 

Le aziende di social media continuano a trovare nuovi modi per vincere questa gara, rendendole tra le aziende più preziose al mondo.

 

Come sono possibili queste straordinarie valutazioni economiche quando le società di social media *regalano* i propri prodotti e lo fanno gratuitamente?

 

Poiché le società di social media non vendono software, vendono influenza.

Raccolgono dati approfonditi su come influenzare le tue decisioni, quindi vendono quell’influenza al miglior offerente.

Più tempo possono farti passare a scorrere, commentare, visualizzare e fare clic, più dati possono raccogliere e più annunci possono vendere.

 

La realtà è che le app di social media sono gratuite per noi perché noi siamo il prodotto venduto.

 

A questo punto,

prendiamo ancora una volta fiato e andiamo a riflettere su un punto:

 

⚪ Non paghiamo in anticipo per usare app come Facebook, WhatsApp, Instagram, Snapchat e TikTok ecc. ma la concorrenza tra queste piattaforme per catturare la nostra attenzione in cambio di entrate pubblicitarie è feroce.

A causa di questo ambiente competitivo, le piattaforme utilizzano tecniche sempre più sofisticate per attirare la tua attenzione e mantenerla.

Vince chi ti trattiene di più.

 

Questo cambia il modo in cui pensi al tuo utilizzo di queste app?

Perché?

Perché No?

 

Per oggi ci fermiamo qui.

Di questi pipponi ne metterò in fila alcuni fino a darvi una specie di guida completa.

 

Non mi è facile,

perché in genere ne parlo a voce ma almeno apprezzerete il tentativo.

 

Avete visto che oggi non ho mandato affanculo nessuno?

Sono stato bravo o No?

Ci vediamo al prossimo modulo che ora mi stanno mangiando le zanzare e devo fuggire a gambe levate.

 

[Voglio precisare: i moduli che cercherò di pubblicare in successione sono realizzati con l’ausilio dei materiali del Center of Humane Technology con il quale ho avuto il piacere di conseguire il relativo attestato]

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