Nulla di nuovo, l’autoscatto è sempre esistito anche nella fotografia analogica, ma la differenza della sua digitalizzazione è la capacità gestionale dello stesso, ovvero, la possibilità pressoché infinita di scattare la stessa “posa” per poi scegliere quella che più ci aggrada.
Il selfie è praticamente la spiegazione del boom dei social.
Un’immagine interamente occupata dal faccione in bella mostra, un inno al super io che nemmeno i futuristi. Perché se prima un selfie pittorico/fotografico veniva commissionato all’Artista, al Professionista, al Tecnico, adesso e home made, talmente home, che spesso l’unico elemento extra è il wc.
Ma cosa ci aspettiamo quindi dal Selfie???
Riempire lo schermo con il nostro bel faccino, da spiattellare sulla nostra (non sono nostri i Social) bella paginetta piena di millemila fans che non aspettano altro di godere delle nostre nuove virtù fotografiche, da corollare con la frase delle frasi “bellissima serata ad Amalfi” del quale non si intravede nemmeno il giallo di un limone caduto tra gli scalini che portano a Pontone.
Questo, proprio questo risponde alla domanda. Il selfie serve solo ed esclusivamente a noi stessi, serve per raccontarci che qualsiasi cosa richieda una nostra attenzione e approfondita riflessione, puó essere sopperita dal faccione digitale. Facciamo una foto di noi, raccontando il luogo trendy, ma mostriamo solo noi stessi, poi carichiamo lo scatto degli scatti su di un Social qualunque che utilizziamo al 5% nei migliori dei casi (e che forse non dovremmo proprio avere) in attesa dell’amico/a di turno che si complimenta non per la bellezza e l’unicità dello scatto, ma per dire “ci sono” anche io. Si, perché nella folle corsa alla mediocrità dei nuovi mezzi di comunicazione, ci adoperiamo per una dose di dopamina raccattata ad un prezzo enorme nel Like del giorno. Il nuovo oppio dei popoli è tutto in un click dai colori sgargianti.
Un prezzo enorme, perché svuotiamo le nostre giornate di attimi meravigliosi solo per “egocizzare” ogni esperienza, che sia la riuscita della torta o la nascita di un figlio.
Viviamo su piattaforme chiamate “sociali” ma parliamo solo di noi stessi, spesso con le frasi ad effetto di pensatori analogici, utilizzando codici visuali standardizzati al ribasso (bocca a cuoricino) sentenziamo, non dialoghiamo e andiamo in cerca di scoop che ci rendano professori del giorno.
La brutta notizia è che come per la psicosi di massa dello shopping compulsivo che doveva calmare le nostre mancanze, adesso anche la rete inizia a rispondere sempre meno al bisogno di adrenalina siliciosa, e quindi cosa facciamo? Vendiamo il corpo, come nei migliori gironi infernali del decadentismo umano.
Sempre più pelle esposta, per un francobollo di popolarità da mettere sotto la lingua.
Ed il prossimo selfie, potrebbe essere l’ultimo respiro, quello da un milione di click, quello che non vedremo, e che il mondo dimenticherà durante l’interruzione del nuovo prodotto in saldi durante il black Friday della domenica.
Buon click.
Max
Max Spera, artista prestato alla comunicazione, autore di favole impegnato nella meravigliosa battaglia dell’eliminare la mafia sociale attraverso la bellezza dei sogni e la consapevolezza delle proprie emozioni. [SCHEDA COMPLETA AUTORE]
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