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La lobby del GDPR

8 Dicembre 2021 - Distorsioni digitali

[Reading Time: 5 minutes]

Vi piacerebbe che esistesse una lobby del GDPR… eh?

Lo so, lo so che vi piacerebbe e invece è andata male perché non c’è. Forse.

 

Ma perché? C’è o non c’è?

Ma non serve! Perché è già un grandissimo troiaio.

 

È tutto molto bello.

Se pensate che i Social Network siano quella roba che serve a vendere i pedalini online, divulgare tutto e il contrario di tutto e a mettere i pupazzetti sulle fotografie o sui video mentre vi rompete i piatti in testa, beh….vi sbagliate e parecchio.

 

Sì, è tutto molto bello fingere di essere felici e ritrovare Peppino che non sentivo da 30 anni e conoscere Francesca, fidanzarmici e poi essere accannato perché ha ritrovato Alberto dopo 15 anni che si è lasciato anche lui e sono andati a vivere alle Canarie (paga Alberto naturalmente)

… ma alla fine fa tutto abbastanza schifo.

 

Il GDPR non esiste!

 

Che non esistesse, lo avevamo detto in un altro pezzo ma quando mi sfraganate li cojoni parlando del GDPR forse lisciate un particolare che non è di poco conto:

➡️ In quella paccottiglia di roba che saggiamente ha distrutto i siti di tutta Europa, non c’è nessun passaggio che recita esplicitamente:

 

“Non si può accettare la creazione di un account se si intende profilare un utente e/o usare e vendere i suoi dati di navigazione, di user experience, di comportamento e interazione sulla piattaforma”

 

E quindi cosa succede con questo GDPR?

 

Succede che *datosi* che la sede europea di CaccaFreshNet sta in Irlanda, si scopre che la famosisssssssima Irish Data Protection Commission va facendo lobbing con l’onnipresente signore di tutte le terre conosciute e “padrone di casa del web” al fine di evitargli delle grane fotoniche.

 

Pertanto, si fa promotore verso la strafamosa “Europa” del fatto che il GDPR non è per niente vincolante rispetto agli obiettivi di business del suo, ormai effettivamente, cliente e si rende parte attiva presso l’Unione Europea stessa per un cambio di linee guida.

 

Ma non lo dico io,

lo scopre Max Schrems e il suo gruppo noyb.eu che si occupa di privacy nel digitale e lo riporta POLITICO che non mi sembra una temibile testata giornalistica jacobina.

 

Più o meno va così:

Le rivelazioni secondo cui il regolatore irlandese ha esercitato pressioni per un’interpretazione più libera delle norme sulla privacy dell’UE dopo aver ricevuto una denuncia contro 🔵 solleveranno nuove domande sulla relazione tra l’organismo di controllo e la società di social media.

 

“I documenti mostrano un piano chiaro: prima il regolatore irlandese ha concordato un bypass GDPR con 🔵 “

Quindi cerca di inserire questo bypass nelle linee guida europee, nell’interesse di una multinazionale statunitense”

 

Il DPC chiaramente non ha agito nell’interesse della protezione dei dati ma nell’interesse delle multinazionali statunitensi.

 

“Di solito sono i lobbisti di 🔵 che cercano di influenzare le linee guida, qui è il regolatore irlandese che si è trasformato in un lobbista” ha affermato Schrems in una nota.

 

La lobby del GDPR

 

Cosa ne possiamo concludere?

 

Ne possiamo concludere che quando andavo sbraitando che fosse tutta una grossa cazzata formale e burocratica avevo i miei buoni motivi, perché nella mia fottutissima ignoranza non ho mai sentito parlare di una formula esplicita riferita alla totale, e ripeto TOTALE, protezione e tutela dei dati ma invece risulta una sostanziale cessione volontaria e quasi obbligatoria di consenso che ne autorizzasse il trattamento.

 

Quindi, il migliore protocollo del mondo (come tanti lo definiscono) è nato senza un pezzo e pure paraculo!

 

Aggiusta tutto per non aggiustare nulla e alla fine avalla e favorisce la regola del CONSENSO FORZATO.

 

Chiamiamolo con il suo nome.

Ma secondo voi, richiedere il match tra email, numero di telefono, identità forte (sarebbe l’autentica a due fattori) e dati biometrici in caso di richiesta di video, selfie, impronte digitali, documento d’identità in alcuni casi ecc. sia GDPR compliant?

(cioè diciamo: “a regola”)

Parliamone.

 

Oooops ma che c’è qui sotto?

Così tanto per gradire, andiamo a vedere. Cuccù! Che c’è?

 

La lobby del GDPR

 

C’è che gli irlandesi sono svegli e sanno che il GDPR già a monte è stato fatto quasi su misura e fa acqua da tutte le parti.

 

A questo punto producono le loro rimostranze.

Questa è solo una delle 1 delle 23 pagine di una “notarella” dove fanno pressione sulla UE affinché si dimostri che 🔵 non ha tutti i torti e che può operare serenamente, con un agile bypass del GDPR stesso.

 

Olè! Che piacere.

 

Cosa si dice del GDPR nella notarella?

 

Dice un sacco di roba e se le volete tutte e 23 me le chiedete e ve le mando.

 

In estrema sintesi è tutta una schermaglia in “contrattualese”.

Apre dicendo che il diritto alla protezione dei dati non esiste concettualmente come significato assoluto ma che deve essere visto nel contesto relativo ad altri diritti.

 

Dice che legalmente (andatevi a leggere gli articoli nella figura) alle compagnie viene garantito e concesso il diritto di perseguire gli scopi aziendali e agli individui di poter esprimere le proprie preferenze online senza intromissioni e interferenze alla luce della libertà di espressione.

 

Dice anche che il GDPR non deve porre limitazioni e che le pratiche di tutela alla privacy in termini di dati, dovrebbe sempre essere necessarie e proporzionate.

 

(ATTENZIONE perché è questa sottigliezza che fa la differenza)

 

La strada è sempre quella e cantano sempre la stessa canzone.

Dicono che per il fatto che gli utenti, “utono”, non pagano e hanno siglato un contratto, non si può negare alle aziende di monetizzare con qualsiasi mezzo consono alla propria linea di business compreso anche il tracciamento a scopo pubblicitario.

 

Ma come tentano di revisionare queste linee guida?

Cercano di trovare tutti i cavilli strutturali, lessicali e burocratici possibili per invalidare o modificare la norma adducendo il fatto che se si nega questa possibilità di lavorare sui dati personali, il contratto tra azienda e utente decade o meglio c’è ma non sussiste tra le parti e dunque verrebbe meno il motivo di business.

 

È come dire: “Se ci incastriamo su questa cosa e non fate lavorare le Big Tech sui dati, i contratti con gli utenti si annullano e a quel punto, che gliene frega alle Big Tech di mettere a disposizione le proprie piattaforme per l’Europa?”

 

Ve la immaginate un’Europa senza tutti i Social Network conosciuti e senza motori di ricerca mainstream?

 

Io No.

Dunque, per ora: GDPR 0 – Big Tech 1 anche se in apparenza non vengono autorizzati.

 

Non vengono autorizzati ma non gli viene neanche vietato! Ma non sarà che dietro la costruzione del GDPR c’è uno staff d’italiani che lo scrive?

 

È un pippone che va avanti da tre anni, lunghissimo e pieno di schermaglie ma alla fine, per ora, l’ha spuntata la EU pur non riuscendo ad arginare l’abilissimo workaround messo in atto dal 🔵 pur rimanendo nelle norme contrattuali europee.

 

L’unica cosa che salva ancora tutta la faccenda è che nelle linee guida finali, versione 2.0 del 8 Ottobre del 2019, non si dice da nessuna parte che i social network POSSONO utilizzare le basi legali del contratto per servire pubblicità personalizzata.

 

In pratica è un trabiccolo che si basa su quello che NON DICE più che su quello che dovrebbe essere messo per iscritto nero su bianco.

 

Quindi, di fatto, il GDPR, così concepito, sarebbe un’interferenza per entrambi gli attori in campo?

 

Non è geniale come opposizione?

 

Va bbè,

mó devo fumà, era solo pé divvelo così la smettete di fare finta che tutto “va bene Madama la marchesa” e del resto… basta che ve facciano lavorà a *Voi* chevvenefrega?

Basta che magnate.

Beh… dal 2022 facciamo un accordo: smettela di dire fregnacce alla gente e date uno sguardo alle vostre carriere, perché c’è un problema.

Fateve ‘na risata.

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